Sigismondo

Soggetto

Sigismondo, dramma per musica in due atti su libretto di Giuseppe Foppa, fu messa in scena per la prima volta al Teatro La Fenice di Venezia il 26 dicembre 1814. Interpreti della prima rappresentazione furono Maria Marcolini (Sigismondo), Luciano Bianchi (Ulderico), Elisabetta Manfredini-Guarmani (Aldimira), Claudio Bonoldi (Ladislao), Marianna Rossi (Anagilda), Luciano Bianchi (Zenovito), Domenico Bartoli (Radoski).

L’autografo è conservato presso l’Archivio di Casa Ricordi.

Antefatto

Sigismondo re di Polonia ha sposato Aldimira, figlia di Ulderico re di Boemia e Ungheria. Ladislao, primo ministro di Sigismondo, s’invaghisce della donna, ma vedendosi respinto progetta un’atroce vendetta: forte della cieca fiducia che il re nutre in lui, gli fa credere che l’uomo che ha accompagnato Aldimira dalla Boemia è il segreto amante della regina. Per provarlo, Ladislao architetta un piano: facendo leva sulla bramosia di denaro di tale accompagnatore, lo assolda per recuperare segretamente un gioiello della regina; l’incauto accetta, fissando la notte dell’azione, cosa che permette a Ladislao di appostarsi con Sigismondo per osservare l’uomo entrare furtivamente nelle stanze di Aldimira. Accecato dalla gelosia, il re ordina di trafiggere il presunto traditore e di condurre a morte Aldimira.

Atto primo

A Gesna, capitale della Polonia, negli appartamenti di re Sigismondo. Anagilda, sorella di Ladislao, e Radoski, confidente del re, commentano amaramente la sorte del loro sovrano, colpito da frequenti attacchi di follia. Ladislao finge di preoccuparsi per Sigismondo e per il soglio polacco, ma mira soltanto a innalzarvi Anagilda come nuova regina.

Alcune grida annunciano il sopraggiungere del re, che esce dalle sue stanze smaniando come inseguito da un fantasma. A chi gliene chiede ragione, Sigismondo oppone il silenzio. Anagilda si allontana con Radoski, rinnovando al sovrano il proprio affetto. Rimasto solo con Ladislao, Sigismondo gli confida che a perseguitarlo è lo spettro di Aldimira. Ora ha rimorso: se avesse preso un abbaglio? se fossero entrambi stati vittima di un tranello? Ladislao trema al pensiero di essere scoperto. Ma Sigismondo ha in mente un piano che metterà fine ai suoi tormenti: appreso che Ulderico re di Boemia sta muovendo il suo esercito verso la Polonia per vendicare la morte della figlia Aldimira, ha deciso di mandare Ladislao a organizzare la difesa e di trasferirsi lui stesso nei boschi che separano i due paesi, con la scusa di una battuta di caccia; lì troverà la morte agognata opponendosi al nemico, mentre l’esercito polacco guadagnerà tempo per il contrattacco.

La scena si sposta in una zona rurale ai margini della foresta, di fronte a un’abitazione rustica. Aldimira benedice quel luogo tranquillo che la ospita, ma che non sa offrirle pace: soltanto una persona potrebbe ridarle serenità, ed è però proprio colui che l’ha condannata a morire. Esce dalla casa Zenovito, un nobile polacco che vive solitario in quei luoghi. Dal dialogo fra i due apprendiamo la storia delle insane pretese di Ladislao su Aldimira, e di come Zenovito sia accorso in soccorso della donna trascinata fra quei dirupi da un manipolo di sgherri; ora custodisce le sorti della sua regina facendola passare per la figlia Egelinda.

S’odono rumori e Aldimira si nasconde in casa, ma occhieggia dall’interno: passano rapidamente alcuni cacciatori. Zenovito apprende che fanno parte del seguito reale, e che Sigismondo stesso sta per giungere. Eccolo alfine: osservato nascostamente da Aldimira e Zenovito, il re è colto dall’ennesima visione. L’arrivo di Ladislao lo riconduce alla realtà: Ulderico sta avanzando velocemente, e se non si rinforzano le difese giungerà presto alla reggia. Sigismondo invia dunque Ladislao ad acquisire notizie sui luoghi circostanti dagli abitanti della casa. Ladislao vi entra, ma esce subito turbatissimo. Esce anche Aldimira, che s’inginocchia ai piedi del re, mentre Ladislao fugge credendo di vedere un fantasma. La donna si presenta come Egelinda, fuggita da corte col padre Zenovito a causa di un torbido tradimento. Sigismondo stenta a credere ai suoi occhi. I due rimangono a lungo fissi nei rispettivi pensieri. Il re si addentra nel bosco conversando con Zenovito, mentre Aldimira rientra in casa.

In quel mentre torna Ladislao, cercando inutilmente Sigismondo. Trova invece Zenovito, che annuncia la grande novità voluta dal re: approfittando dell’incredibile somiglianza fra Egelinda e la defunta Aldimira, l’una prenderà il posto dell’altra, e condotta a corte assumerà vesti e ruolo di regina, placando così l’ira di Ulderico, che dovrà ricredersi sulle sorti della figlia. Ladislao è costernato e corre in cerca del re per fermarne l’inatteso progetto; ma torna ben presto: invece di ascoltarlo, Sigismondo lo ha per somma ironia incaricato di occuparsi del trasferimento di Egelinda a palazzo. Apprende però da Zenovito che la donna ricusa di partire. Messo a tu per tu con lei, Ladislao viene sopraffatto dai toni imperiosi di Egelinda, che chiede garanzie di incolumità.

Col sopraggiungere di Anagilda e Radoski, tutta la corte si trova radunata nell’umile dimora: Sigismondo non riesce a sostenere lo sguardo di Egelinda; lei trema per la propria salvezza e Ladislao teme sempre più di essere scoperto. Il re fa appena in tempo a pregare personalmente la donna di seguirlo a palazzo, quando i soldati irrompono, chiamando Sigismondo a battaglia contro il nemico boemo che già invade il bosco circostante.

Atto secondo

Mentre Ulderico sta per giungere a Gesna, nel palazzo reale Sigismondo presenta Egelinda in veste di Aldimira. Il giubilo è generale di fronte alla ritrovata regina, tranne che per Ladislao, che vede sfumare il sogno di far salire al trono sua sorella Anagilda.

Rimasti soli, Aldimira e Sigismondo stentano a frenare i propri sentimenti: lei vorrebbe sapere la verità su quella condanna immotivata; lui è turbato nel sentire l’antico amore rinascere per una sconosciuta, ma offre comunque alla donna anello e soglio. L’agitazione li fa fuggire da parti opposte.

Radoski è riuscito nel frattempo a fare chiarezza sul passato: ha recuperato un foglio che accusa Ladislao, ma non vuole ancora svelarsi. Anzi, incontratosi con Anagilda, la conforta predicendole che, trascorsa l’emergenza, Sigismondo rispedirà di certo nel bosco la figlia di Zenovito e la strada verso il soglio sarà nuovamente aperta per lei. Ladislao chiede conferma a Radoski che Aldimira sia stata a suo tempo veramente condotta a morte; poi si fa prendere dallo sconforto e invoca dal Cielo la pace dell’anima.

Radoski consegna segretamente ad Aldimira il foglio scrittole all’epoca da Ladislao per sedurla, mentre Sigismondo comunica alla donna che sta per giungere Ulderico e le ricorda quale parte dovrà recitare; lei lo rassicura.

In una vallata all’esterno della città, il re di Boemia attende il primo ministro polacco: se è vero che sua figlia è ancora viva, egli tornerà ad essere amico e difensore della Polonia. Ma Ladislao rivela a Ulderico lo scambio di persona. Quando giunge Sigismondo, dopo un momento di esitazione per l’incredibile somiglianza ravvisata nella donna, Ulderico dà sfogo alla sua ira appellandola col nome di Egelinda: gli animi si scaldano e i due eserciti si attaccano.

Radoski viene raggiunto da Ulderico, che lo fa prigioniero; Ladislao prega di risparmiargli la vita, e Radoski si amareggia di divenire così debitore d’un tale mascalzone. Ulderico promette a Ladislao che, se riuscirà a trovare Egelinda, avrà piena giurisdizione su di lei.

L’esercito polacco è ormai allo sbando; Sigismondo tenta un ultimo attacco, ma viene disarmato da Ulderico. S’odono le grida di Aldimira, che corre inseguita da Ladislao, il quale però inciampa e rotola giù dal pendio: bloccato dalle guardie boeme, rivela in preda a stordimento il suo misfatto. Sigismondo vorrebbe scagliarsi su di lui, ma viene trattenuto; lo placa la rassicurazione di Aldimira che l’affetto di un tempo è immutato. Per fugare i dubbi di padre e marito, la donna mostra il foglio avuto da Radoski: solo la vera Aldimira potrebbe esserne in possesso. Sigismondo, ancora incredulo, si riunisce alla sua vera consorte. A Ladislao verrà risparmiata la vita ma non il carcere. Gioia collettiva: ognuno esprime a turno i propri sentimenti per la ritrovata serenità.