Elisabetta, regina d’Inghilterra

Soggetto

Elisabetta, regina d’Inghilterra, dramma in due atti su libretto di Giovanni Schmidt, fu rappresentata per la prima volta al Teatro San Carlo di Napoli il 4 ottobre 1815.

Interpreti della prima rappresentazione furono Isabella Colbran (Elisabetta), Andrea Nozzari (Leicester), Girolama Dardanelli (Matilde), Maria Manzi (Enrico), Emanuele Garcia (Norfolk), Gaetano Chizzola (Guglielmo).

L’autografo è conservato presso la Fondazione Rossini di Pesaro. Il soggetto è tratto da un omonimo dramma di Carlo Federici, tratto a sua volta dal romanzo The Recess di Sophia Lee.

Rossini diresse quest’opera nel maggio del 1822 al Kärnthnertortheater di Vienna.

L’azione si svolge a Londra, durante il regno di Elisabetta I d’Inghilterra.

Atto primo

Sala regia. Tutta la corte inglese esulta: guidate dal generale Leicester le truppe della regina hanno ottenuto una vittoria militare che costringe definitivamente la Scozia sotto il dominio dell’Inghilterra. Solo Norfolc, grande del regno, non riesce a nascondere il suo disappunto; in realtà egli è segretamente invidioso delle fortune di Leicester. Guglielmo, capitano delle guardie reali, è il solo ad avere intuito la doppiezza dell’anima di Norfolc. Invocata da tutti, la regina Elisabetta entra col suo seguito; esprime il suo compiacimento per la vittoria, ma, in cuor suo, esulta anche per il ritorno di Leicester, che ama segretamente. Lo stesso generale, accolto con tutti gli onori, si presenta alla regina per riferirle della vittoria, e le riconsegna il bastone del comando; Elisabetta lo ricompensa con un ordine cavalleresco, quindi riceve gli omaggi di alcuni nobili scozzesi, illustri ostaggi di guerra. Nel guardare fra costoro Leicester freme di stupore; riconosce infatti, nascosta in vesti virili, Matilde, sua sposa segreta, nonché Enrico, il di lei fratello. Allorché la regina si ritira con tutta la corte, Leicester rimane solo con Matilde e la rimprovera della sua imprudenza; ella è infatti figlia di Maria Stuarda, dunque bandita dal suolo inglese come tutti i discendenti della decapitata regina scozzese. Matilde spiega di essere accorsa vicino al consorte proprio per le voci insistenti che vogliono Elisabetta di lui innamorata; Enrico, sopraggiunto, aggiunge di non essere riuscito a trattenere la sorella, e dunque di averla seguita per proteggerla. Leicester decide che è meglio non mostrarsi accanto alla consorte e al cognato, per non ingenerare sospetti; chiederà consiglio piuttosto a colui che ritiene un vero amico, Norfolc. Matilde, sconfortata, si augura di trovare presto un momento di serenità.

Appartamenti reali. Leicester si confida a Norfolc, narrandogli di come conobbe Matilde presso un umile pastore; credendola figlia di questi se ne innamorò; scoprendo poi che sotto le spoglie del pastore si nascondeva un nobile scozzese, gli chiese la fanciulla in sposa; il vecchio gli rivelò così la vera identità della finta pastorella e del fratello: essi erano i figli di Maria Stuarda. Ma Leicester, mosso a pietà per la sorte dei due rampolli, decise ugualmente di coronare le nozze. Norfolc, rimasto solo, esulta per la confidenza; egli in realtà si finge amico di Leicester, ma lo odia e lo invidia profondamente per la sua immeritata fortuna. Vedendo sopraggiungere la regina, decide di vendicarsi; con parole ipocrite rivela alla sovrana il segreto legame matrimoniale di Leicester con la figlia di Maria Stuarda. Elisabetta, sentendosi tradita nei suoi sentimenti e anche per la mancata lealtà del suddito, decide di condannare l’amato a morte; Norfolc gioisce. La regina incarica dunque Guglielmo di convocare Leicester e di tenere pronte le guardie reali. Il generale fa il suo ingresso con tutta la corte, inclusi i nobili scozzesi fra cui si celano Matilde ed Enrico; la regina non tarda ad identificare la rivale. Si rivolge a Leicester annunciandogli che è giunto il momento di ricompensare la sua fedeltà, poi fa portare un bacile coperto da un drappo; scoprendolo, rivela lo scettro e la corona, che offre a Leicester, indicandolo come suo sposo e re. Nello stupore degli astanti Leicester trova poche parole imbarazzate per declinare l’offerta della regina. Infuriata, la sovrana trascina Matilde al centro della sala, accusa il generale di tradimento, e consegna entrambi alle guardie. Nonostante le loro implorazioni Leicester, Matilde e Enrico vengono divisi e arrestati; nella confusione generale, la vendetta è il solo conforto per la regina Elisabetta.

Atto secondo

Appartamenti. Elisabetta ordina a Guglielmo di introdurre presso di lei prima Matilde, e poi Leicester. E Matilde entra, pronta ad ascoltare la sentenza di Elisabetta; la regina ricorda alla rivale che per lei e il fratello, suoi nemici, e per lo sposo, vassallo sleale, è pronto il patibolo. Tuttavia la sovrana è disposta a concedere la grazia a tutti e tre, a condizione che Matilde acconsenta a scrivere un foglio in cui rinuncia a ogni diritto sul cuore di Leicester. Invano Matilde chiede di essere l’unica vittima della vendetta; Elisabetta è irremovibile. Così Matilde, riluttante, si vede costretta a scrivere il foglio secondo le indicazioni della regina. Allorché viene introdotto Leicester, Elisabetta lo invita a pentirsi e a seguire l’esempio di Matilde. Nel leggere il foglio, Leicester ha un moto d’orgoglio, e lo straccia, dichiarando di preferire la morte a quella violenza. Infuriata, la sovrana promette la morte ad entrambi, e li fa nuovamente rinchiudere in carcere. Guglielmo annuncia alla regina che Norfolc chiede udienza; ma Elisabetta non vuole riceverlo; le è chiaro che Norfolc si è comportato, verso il pur colpevole Leicester, con falsa amicizia e da delatore; intima dunque a Guglielmo di comunicargli che l’indomani dovrà partire in esilio. Se ne rallegra il capitano delle guardie, che da lungo tempo ha compreso quale sia la vera anima di Norfolc.

Atrio contiguo al carcere. Il popolo e i soldati compiangono il destino di Leicester, condannato a morte nonostante i suoi meriti verso la patria. Invidioso del favore popolare verso il nemico, ferito per il prossimo esilio, Norfolc arringa la folla, e convince popolo e soldati a forzare le porte del carcere per liberare lo sventurato generale, che la regina ha condannato ingiustamente. In realtà ha un misterioso piano di vendetta.

Interno di un ampio carcere. Leicester compiange il proprio destino, repentinamente mutato in poche ore; assopito, invoca la propria sposa; poi si desta, disilluso dalla visione. Norfolc lo raggiunge; riesce a convincerlo di non averlo tradito di fronte ad Elisabetta, anzi di avere impetrato il suo perdono. Fa abbattere da due guastatori la porta della cella che rinchiude Matilde ed Enrico. Leicester gli è grato di tanta amicizia, e Norfolc gli annuncia il prossimo arrivo della plebe che verrà a liberarlo. Ma il generale rifiuta questo inatteso aiuto: la sua lealtà al trono gli impedisce di sottrarsi alla volontà della regina; discaccia Norfolc. Questi, rivolgendogli parole minacciose, fa per andare; si nasconde tuttavia, vedendo che da una porta segreta la stessa regina viene a parlare con il prigioniero; nessuno si accorge che al colloquio assistono anche Matilde ed Enrico, che si affacciano dalla loro cella. Elisabetta spiega a Leicester che come regina è stata costretta a condannarlo, ma che come donna vuole farlo segretamente fuggire. Ma Leicester dichiara di non voler essere ribelle al trono; piuttosto invita la regina ad essere clemente con la sposa e il cognato. Elisabetta tuttavia afferma di non potere usar loro clemenza; spiega che essi sono stati indicati come complici, di fronte ai grandi dello stato, da quello stesso Norfolc che ha accusato anche Leicester. Il generale scopre così la vera anima del finto amico, e rivela alla regina come il delatore abbia anche sobillato il popolo a una rivolta; vedendosi perduto, Norfolc sguaina la spada per scagliarsi contro la regina; viene però bloccato da Enrico e Matilde, prontamente balzati fuori dalla loro cella, mentre Leicester fa scudo del suo corpo alla regina. Elisabetta invoca Guglielmo, e le guardie accorrono per arrestare il mancato regicida, al quale la sovrana promette torture e morte. Perdona poi il generale e i due figli di Maria Stuarda, riconoscendone la lealtà e la generosità, e fa abbracciare i due sposi. Irrompe inatteso il popolo, invocando la libertà di Leicester; lo stesso generale placa la folla, che si inginocchia di fronte alla sovrana. Elisabetta restituisce l’eroe al suo popolo. Acclamata da tutti, decide in cuor suo di cancellare per sempre gli amori terreni dai suoi sentimenti e di consacrarsi alle virtù del trono.