
Perché vedere L’Italiana in Algeri
Quante Italiane in Algeri esistono? La risposta a questa domanda, non così ovvia come potrebbe sembrare a prima vista, è tuttavia semplice: ne esistono due. Oltre a quella celeberrima composta da Rossini nella stagione di Primavera del 1813 per il palcoscenico veneziano del Teatro San Benedetto, un’altra Italiana in Algeri, con musica di Luigi Mosca, aveva già visto la luce il 16 agosto 1808 al Teatro alla Scala di Milano. Entrambe le opere condividono il medesimo libretto, uscito dalla penna di Angelo Anelli. Esso fu reimpiegato da Rossini in gran fretta per far fronte all’inattesa commissione di un’opera buffa in sostituzione di quella che il collega Carlo Coccia non aveva ancora portato a compimento; in poco meno di un mese (forse addirittura in due settimane!) Rossini dovette perciò comporre e allestire la propria Italiana in Algeri. Le mutate contingenze esecutive imposero alcuni cambiamenti al vecchio libretto di Anelli, concepito per una piazza e per una compagnia artistica differenti; tra i più significativi si registrano l’inserimento di un ulteriore assolo per Isabella nel secondo atto (la cavatina «Per lui che adoro») e l’introduzione dei versi “onomatopeici” («Nella testa ho un campanello | che suonando fa dindin», etc.) nella stretta del Finale Primo, versi che certamente contribuirono ad accrescere quel germe di «follia organizzata», per dirla con Stendhal, che pervade l’intera partitura rossiniana.
Così come il passaggio da Milano a Venezia rese necessarie alcune modifiche alla struttura del libretto, nuove occasioni esecutive spinsero Rossini a rimaneggiare la propria opera ogniqualvolta si trovò a rimetterla in scena nei mesi successivi al debutto veneziano. Per adattarla alle esigenze di pubblici e di interpreti diversi, Rossini non esitò dunque a effettuare tagli, sostituzioni e altri interventi al solo scopo di ottenerne sempre la migliore esecuzione possibile. Ecco dunque che, fin della prima ripresa dell’opera nell’Estate 1813 a Vicenza, Rossini compose una nuova cavatina di sortita per Isabella («Cimentando i venti e l’onde»), in sostituzione dell’originaria «Cruda sorte! Amor tiranno!». Nella Primavera 1814, per l’allestimento al Teatro Re di Milano, il compositore ripristinò la cavatina «Cruda sorte! Amor tiranno!» (modificandone però l’orchestrazione), scrisse una nuova aria per Lindoro («Concedi amor pietoso», in sostituzione di «Oh come il cor di giubilo») e ritoccò l’assolo di Isabella «Per lui che adoro». L’anno successivo, al Teatro dei Fiorentini di Napoli, Rossini operò ulteriori e differenti modifiche: omise «Oh come il cor di giubilo» e l’aria di Haly «Le femmine d’Italia»; sostituì con un nuovo brano («Sullo stil de’ viaggiatori») il rondò di Isabella del secondo atto.
L’edizione critica dell’opera, curata per la Fondazione Rossini da Azio Corghi, dà puntuale riscontro di tutti questi interventi. Essa cerca di far luce sulle ragioni che guidarono Rossini nelle proprie scelte, allo scopo di raccontare nella maniera più esauriente possibile la storia esecutiva e interpretativa dell’Italiana in Algeri. Non solo: attraverso queste informazioni l’edizione critica (di questa, come di altre opere) si rivolge agli interpreto di oggi per indirizzare consapevolmente le loro scelte; lungi dall’essere un testo chiuso e prescrittivo, essa si offre infatti come uno strumento che racchiude in sé stesso molteplici possibilità esecutive. L’immagine dell’opera riflessa dall’edizione critica non è perciò assimilabile a quella di una sfera, compatta nella sua perfezione formale, ma appare più vicina a quella di un poliedro irregolare, dal profilo sempre diverso a seconda della faccia posta in primo piano.
Quale sarà dunque la faccia dell’Italiana in Algeri che il team artistico scritturato dal Rossini Opera Festival vorrà mostrarci? Per scoprirlo, non resta che recarsi a Pesaro il prossimo agosto.
Andrea Malnati
Pubblicata il : 31 Maggio 2025