L’intervista del mese

22 Luglio 2023
230801Abrante

Conosciamo meglio Alejandro Abrante, responsabile delle Pubbliche Relazioni del Festival.

Ci racconti le tue esperienze professionali prima dell’ingresso al ROF?

Sono nato a Tenerife, nelle Isole Canarie, in una famiglia di imprenditori. Ho studiato giurisprudenza e filosofia con una tesi dottorale in filosofia dell’economia. Sin da piccolo avevo tre grandi passioni: una per l’attività sportiva, la seconda per la musica, in particolare quella classica, e l’ultima, non meno importante, viaggiare. Tutte e tre in qualche modo hanno segnato il mio percorso, il mio destino… In quegli anni passavo il mio tempo libero fra il nuoto e la musica, e durante l’estate viaggiavo con la famiglia o da solo. Pertanto, i miei ricordi del periodo liceale mi riconducono all’odore del cloro della piscina, allo studio del pianoforte, alla storia della musica, alle serate all’opera, teatro, cinema, ai viaggi per l’Europa e alle mie stanze nei collegi estivi in Inghilterra. Così come direbbe Giovenale ho passato la mia adolescenza con “mens sana in corpore sano”.

Mia madre ha avuto un impatto forte in tutto questo poiché è stata lei a fomentare queste passioni, sempre al mio fianco. Da un lato mi accompagnava agli allenamenti e alle competizioni, dall’altro mi stimolava per la creatività verso le arti sceniche. La prima volta che ricordo di aver sentito un’opera è stato quando ero bambino: avevo appena compiuto otto anni, mia madre mi regalò un disco in vinile di Maria Callas che cantava Tosca alla Scala con Di Stefano e Gobbi, diretta dal Maestro Victor de Sabata. Ancora oggi, quando vedo la copertina di quel disco, sento la nostalgia di quel primo incontro con l’opera. Piu volte, nella mia vita, quando ho incontrato il sublime nelle sue varie forme ho cercato sempre di  riprovare in altre circostanze o momenti quell’indimenticabile esperienza iniziatica. 

Per me il lavoro è una questione di etica: comporta entusiasmo, gioia, buona disposizione, professionalità e soprattutto passione. La passione può muovere il mondo, cambiandolo e migliorandolo. Una delle più forti sin dalla mia infanzia è stata la musica e tutti i tipi di spettacolo e di arti performative. Questo mi ha portato a intensificare le mie ricerche sui diversi tipi di musica nel mondo e sono arrivato alla conclusione che l'opera lirica è la più grande manifestazione artistica che gli esseri umani hanno raggiunto nella civiltà occidentale. L'opera lirica è nata in Italia e proprio da qui che ho iniziato un viaggio attraverso diversi compositori italiani…, arrivando alla conclusione che l'Opera è un prodotto al cento per cento "made in Italy" e che grazie ad essa l'Italia ha raggiunto un sentimento di unione culturale prima che politica. Grazie al linguaggio musicale, dal nord con il bergamasco Donizetti al sud con il catanese Bellini passando per il Ducato di Parma con Verdi, o il toscano Puccini, (per citare i più popolari), si è riunito un popolo da sempre diviso per tanti motivi (la lingua, le tradizioni, le idiosincrasie o la politica). Ma, senza nessun dubbio, il più famoso dei suoi tempi, senza dubbio almeno per me, è stato il "cigno di Pesaro”: Gioachino Rossini. 

Nella prima parte della mia vita praticamente quasi ogni tre o quattro anni cambiavo lavoro, diversificando le mie esperienze sia nella vita privata che nella vita professionale grazie alle opportunità del mercato del lavoro di quegli anni. Posso dire che sono stato un uomo molto fortunato nella mia vita, soprattutto perché ho potuto scegliere i lavori che ho desiderato fare e maturare magnifiche esperienze professionali. In questo modo, ho messo il mio entusiasmo e passione in ogni cosa che ho fatto: al liceo e università, all’Istituto di Cooperazione Iberoamericana, al Parlamento Europeo, nelle agenzie di cooperazione delle Nazioni Unite, ecc. Col passare del tempo mi sono impegnato in diversi progetti di cooperazione internazionale che mi hanno portato a lavorare in numerosi paesi quali Inghilterra, Giordania, Polonia, Francia, Argentina, Russia, ecc.

Tuttavia, come avevo accennato, fin da giovane ho sentito il richiamo della bellezza e ho soprattutto sviluppato un grande amore per l’Italia e per il teatro d’opera. Prima di lavorare nel campo della gestione culturale, venticinque anni fa sono venuto in Italia in un viaggio che è durato quaranta giorni, un viaggio quasi messianico e senza saperlo, o almeno non me ne ero reso conto, profetico di una nuova tappa della mia vita. Così nel 2005, complice un periodo di riflessione, ho fatto una rivoluzione copernicana nella mia vita, lasciando i vecchi progetti e incominciando un nuovo percorso a ritroso verso le antiche passioni mai dimenticate. E mi sono concesso di lavorare nel mercato della lirica fondando da subito nel 2006 l'agenzia Iria-Art SL di cui sono stato direttore artistico per venti anni stabilendo in Brianza la mia nuova vita. A Milano la mia formazione è partita dalla classe di canto della Maestra Bianca Maria Casoni, ho continuato assistendo ai concorsi di canto ,soprattutto a Como (As.Li.Co) e Pesaro (ROF), città con la quale ho avuto un colpo di fulmine. Da quel momento in poi mi sono definitivamente dedicato a questo mondo assumendo infine la carica di Sovrintendente dell’Ópera de Tenerife, che sono riuscito a portare al centro di una rete di collaborazioni internazionali in Europa e in Sudamerica, anche attraverso la partecipazione ad Opera Europa e OLA – Opera Latinoamericana. Il mio intento era quello di creare anche nella mia terra natale un turismo di qualità sul modello italiano e di coinvolgere tutto il territorio dell’isola con progetti al contempo di qualità internazionale e di sicuro richiamo popolare. Questa esperienza mi ha portato in seguito anche a rivestire il ruolo di Consulente Artistico presso il Teatro Colón di Buenos Aires e a curare le Relazioni Internazionali del Teatro Comunale di Bologna. 

La cosa che mi rende più orgoglioso è stata la fondazione di Opera(e)Studio (2013-2020) per lanciare nuovi cantanti sul mercato lirico internazionale, con decine di giovani artisti che hanno intrapreso carriere mondiali  e con il riconoscimento massimo ricevuto di vincitore del programma Creative Europe 2018-2020 (in collaborazione con Teatro Comunale di Bologna e Opera Nazionale di Georgia, Tbilisi). Inoltre, come responsabile delle relazioni internazionali del Comunale di Bologna ho potuto stabilire ponti e legami forti con l'Asia. Abbiamo lavorato alla "Music Cities Convention" dell'UNESCO, il più grande incontro mondiale sulle città musicali, che quest'anno ha avuto luogo a Chengdu, in Cina, dove leader di governi, accademici, organizzazioni e teatri di tutto il mondo si sono scambiati idee sulle pratiche e gli usi della musica per migliorare le città, l'occupazione, l'istruzione o la creazione di spazi per sviluppare le arti in generale. 

E dall’anno scorso si è compiuto un altro dei miei sogni, quello di lavorare al ROF, dove tutto era incominciato e credo che la somma di queste esperienze unite alla passione, di cui ho parlato all’inizio, credo possano apportare nuove idee ed entusiasmo al già efficiente sistema ROF,  fonte per me di gioia e orgoglio.


Quale è stato il tuo primo contatto con il Festival?

La prima volta che ho sentito parlare della città di Pesaro è stato proprio quando studiavo al liceo Storia della Musica come la città dove era nato Rossini, il suo illustre ambasciatore e grazie al Festival nato per recuperare la sua opera e ridare alla sua arte il posto che merita nella memoria storica. Tuttavia, a prendere coscienza del ROF e del suo prestigio è stato qualche anno dopo, anzi ricordo il momento giusto, fu in una conversazione nel 1998,  con un amico a Gran Canaria. Mi raccontò dello storico debutto del giovanissimo Juan Diego Flórez, di cui ero un fan incondizionato, nell’opera Matilde di Shabran. Ma ancora dovevano trascorrere quasi sette anni per venire per la prima volta a Pesaro, per ragioni di vita privata.

Tutti sanno che una parte fondamentale del mio apprendistato nel mondo dell'opera e del suo mercato è stata acquisita qui a Pesaro e al ROF, tra gli altri, da due straordinarie personalità che il Festival ha avuto con sé nel corso della sua storia: da una parte, il Maestro Alberto Zedda dal quale ho imparato molto sia in termini di gestione culturale sia in termini di questioni più intrinseche al festival stesso: come si stabiliscono le relazioni tra le persone e le istituzioni, come risolvere i problemi quando sorgono situazioni conflittuali nell'intersoggettività della vita quotidiana - un apprendistato vissuto sul campo per più di un decennio. La seconda personalità è il Maestro Ernesto Palacio. La mia conoscenza e relazione con lui va più indietro nel tempo, in quanto inizia ancora prima di fondare la mia agenzia lirica nel 2006. Il mio rapporto con Ernesto Palacio è stato di immensa stima come cantante prima e come agente poi. Ho imparato moltissimo in fatto di gestione di un artista e su come mantenere una relazione professionale tra artista ed agente. In questo modo, accanto a ognuno di loro per più di vent'anni, ho assorbito le loro parole, i loro atti, la loro esperienza come se fossi una spugna per poter lavorare al meglio nei diversi campi in cui ho sviluppato la mia carriera all'interno del mondo lirico.

Sei responsabile dell’ufficio delle Pubbliche Relazioni. Ci spieghi in cosa consiste il tuo lavoro?

Nel bando per la individuazione del responsabile pubbliche relazioni della Fondazione Rossini Opera Festival mi è stato chiesto di parlare delle motivazioni per cui presentarmi come candidato a questo posto per il Festival. Per me la risposta era chiarissima, Il Rossini Opera Festival per me: è molto di più di una vetrina della lirica italiana inserita in un contesto artistico. Da una parte, è il luogo perfetto in cui per quarantaquattro anni si è realizzato un progetto di internazionalizzazione e sinergia tra cultura e turismo di qualità sia nazionale sia internazionale. Da un’altra è il custode della tradizione rossiniana. Nel mio campo concreto devo gestire anche le relazioni a livello internazionale  e nazionale con gli altri teatri e istituzioni e fare in modo di lavorare in rete con delle coproduzioni. 

Questo significa una grandissima responsabilità da parte di tutti noi che lavoriamo per il festival. E’ come un grande orologio che per potere funzionare deve avere tutti i meccanismi in perfetta coordinazione e sincronizzazione: significa collaborare tra tutti gli uffici, tutti i dipartimenti e mostrare il lavoro svolto durante tutto un anno, un grande lavoro di squadra. Nel nostro caso un dipartimento che interconnesso con gli altri: marketing, promozione, comunicazione, ufficio stampa: immaginate una grande nave che naviga per un mese in un enorme oceano, con migliaia di persone che dobbiamo ricevere e gestire (quest’anno 36 serate!). Pertanto, accettare un posto come questo, oltre ad essere una grandissima responsabilità, per me era una bella sfida perché era come entrare in una casa conosciuta e nuova allo stesso tempo, perché vista da un’altra prospettiva.

Non potevo immaginare che la sfida diventasse così eccitante giacché ogni giorno abbiamo diversi tipi di questioni da risolvere e con una squadra di colleghi come Simona Giannini che si occupa anche del cerimoniale e  Paola Fabbri, risolviamo tutto con creatività e disinvoltura. Le competenze devono essere tante, per confluire in un unico scopo: curare tutti gli spettacoli, le anteprime aperte al pubblico, prestando attenzione a ogni dettaglio e sfumatura, affinché tutti vengano accolti come meritano e perché si sentano come a casa propria, nonostante l’ufficialità dell’evento.

Quale è il ricordo che ti è più caro della tua esperienza a ROF?

Da quando sono venuto a conoscenza della sua esistenza, più di vent'anni fa, parte della mia vita ruota intorno ad esso. Estate dopo estate ho visto un ROF diverso e quando arriva la fine di agosto, sono pieno di malinconia ma con il desiderio di un nuovo luglio per ricominciare tutto da capo. Ogni ROF mi porta vita, entusiasmo e passione. Il Rossini Opera Festival trasforma Pesaro non solo in una città turistica per il sole e la spiaggia sulla costa adriatica, ma anche in un punto di incontro di culture e di pubblico internazionale, come una città della musica dell’Unesco deve essere. 

Vorrei concludere con una frase del Fondatore di ROF il dottore Gianfranco Mariotti: “Il Rossini Opera Festival non è solo opera, il ROF ha la peculiarità di avvolgere tutti nel sentimento di appartenenza ad un gruppo, di appartenenza ad una grande famiglia che trascende il tempo, le frontiere e comunica attraverso la musica”. Così, soltanto posso aggiungere: Pesaro e il ROF sono parte della storia d'Italia e assolutamente parte della mia storia.