L’intervista del mese

18 Maggio 2023
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Sabrina Signoretti è responsabile della Segreteria artistica del Festival.
Ci racconti le tue esperienze professionali prima dell'ingresso al ROF?
"Dopo una laurea in Lingue e letterature straniere, arrivai al Festival quasi per caso in seguito a una rigorosa selezione che si tenne nella seconda metà degli anni ‘90. In quel momento stavo lavorando presso l’ufficio commerciale estero di una importante multinazionale e avevo intrapreso a livello professionale alcune esperienze nel settore della traduzione e dell’interpretariato. Sempre all’epoca partecipai inoltre all’organizzazione di alcuni spettacoli teatrali di prosa in lingua inglese in collaborazione con l’Università di Urbino, in forma semi professionale, qui mi occupavo di gestire l’evento, aperto a un pubblico pagante, dalla promozione all’organizzazione delle prove della compagnia, al reperimento del mezzo di trasporto per le scene, solo per citare alcuni esempi. Si trattò di un’esperienza coinvolgente a livello personale e umano e molto gratificante a livello professionale  perché mi diede la possibilità di arricchire le mie competenze. In qualche modo fu in quel momento che scattò la scintilla che poi mi guidò nella direzione del lavoro che svolgo ancora oggi al Festival".

Qual è stato il tuo primo contatto con il Festival?
"Nel 1994 era stata istituita a seguito di direttive governative la Fondazione Rossini Opera Festival, un ente pubblico-privato con fondatori il Comune, la Provincia, la Fondazione Cassa di Risparmio, la Banca Popolare dell’Adriatico e la Fondazione Scavolini e questo fatto diede un impulso notevole alla definizione della macchina organizzativa come la conosciamo oggi, più moderna e snella dal punto di vista normativo, gestionale e organizzativo. Proprio in quegli anni attorno alla macchina Festival si svilupparono una serie di attività professionali nuove e specifiche, negli ambiti artistico, tecnico ed amministrativo-gestionale, con rilevanti effetti sull’occupazione. E fu in quel momento che si aprì anche per me la possibilità di collaborare con una delle massime istituzioni nazionali nel campo dell’opera lirica, anche se il mio primo contatto con il Festival fu un avvenimento a tutti gli effetti fortuito e collaterale, che avvenne per puro caso quando avevo quattordici anni, una calda sera estiva mi recai a prendere del gelato per un gruppetto di amici alla gelateria Franco, resa poi famosa dal Festival perché si trovava proprio di fronte teatro Rossini, in quel momento preciso mi resi conto che qualcosa in città era decisamente cambiato: la gelateria pullulava di gente elegante, estasiata e sorridente, probabilmente si trattava dell’intervallo tra un atto e l’altro della Gazza ladra, la prima opera ad essere messa in scena al Rossini Opera Festival nel 1980. Il teatro, che era stato chiuso per restauro per una ventina d’anni, in quella stagione tornava a vivere, e così il centro cittadino, e tutto questo grazie al Festival, ricordo che in quel momento non potei nascondere un moto di profonda soddisfazione e di orgoglio.
Per entrare in contatto dal vivo con il Festival dovetti però aspettare ancora qualche anno, o poco più, e finalmente assistetti alla prima di una produzione storica, quel Guillaume Tell di Pier Luigi Pizzi e Gianluigi Gelmetti che è rimasto nella memoria mia e di tanti colleghi, come di gran parte del pubblico italiano e straniero; a quell’evento è poi legato un ricordo che conservo con grande gioia: alla fine della prova generale quando eravamo tutti in visibilio e in qualche modo sconvolti dalla bellezza di ciò cui avevamo assistito, mi passò vicino il fondatore del Festival, Gianfranco Mariotti, nonché attuale Presidente onorario, che avvicinandomi le mani al viso e con gli occhi luccicanti di emozione mi disse 'Hai visto cosa abbiamo fatto?', lasciandomi pensare che nel mio piccolo avevo contribuito anche io a uno spettacolo memorabile, io che ero arrivata al Festival appena da pochi mesi!".

Sei responsabile della Segreteria artistica. Ci spieghi in cosa consiste il tuo lavoro?
"Al festival mi occupo delle trattative economiche e logistiche collegate alla presenza degli artisti e delle compagnie corali e orchestrali, sviluppando il calendario previsto dalla Sovrintendenza e dalla Direzione artistica in un piano prove dove sono indicati tutti i vari passaggi produttivi di uno spettacolo. Il planning delle prove è l’ossatura da cui si dipana e prende forma il lavoro dei settori che concorrono alla messinscena di uno spettacolo rappresentati dai reparti amministrativo-gestionale, tecnico ed artistico. Infatti una cosa che ho imparato appena messo piede al Festival è che il nostro è un lavoro in team, una vera collaborazione fra i reparti che collaborano insieme per trovare le soluzioni migliori alle sfide quotidiane. Quello che amo di più del mio lavoro è la sensazione di partecipare a qualcosa di grande, che resterà nella memoria del teatro, la sicurezza di far parte di una storia che parte da molto lontano, dal momento in cui in Italia nacque il melodramma, certo nel frattempo sono cambiate le modalità operative ma in fondo ciò che serve per mandare in scena uno spettacolo è rimasto immutato. Respirare l’aria del palcoscenico è un virus pernicioso, anche se non sei un cantante né un attore, ti resta dentro qualcosa che ti avvicina e ti porta sempre lì, a vivere e a condividere le passioni e i sentimenti sublimati dalla musica e narrati sulla scena, ma anche ad empatizzare con i solisti, gli artisti del coro e i professori d’orchestra, sentire l’adrenalina e la passione degli interpreti che ogni sera si mettono in gioco per rinnovare la magia sulla scena è un privilegio unico".

Qual è il ricordo che ti è più caro della tua esperienza al ROF?
"Un momento professionale che ricordo con grande piacere fu la prima volta che assistetti alla presentazione del progetto artistico di un’opera, si trattava dell’Equivoco stravagante di Emilio Sagi presentato all’edizione 2002 del Festival. Forse non tutti sanno che il processo creativo parte da molto lontano; l’invito al regista può essere fatto con  due o tre anni di anticipo rispetto alla messinscena dell’opera che gli è stata assegnata. Almeno un anno prima della messinscena poi si stabilisce una data per la  presentazione del progetto cui partecipano anche i coproduttori, nel caso in cui l’opera sia coprodotta con un altro teatro, e nel corso della riunione vengono illustrati il progetto artistico e i bozzetti delle scene e dei costumi a cura del team creativo, tutto questo alla presenza dei vertici del Festival, delle direzioni tecnica e gestionale nonché dei capireparto tecnici. Dopo un’approvazione di massima del progetto da parte del Sovrintendente e del Direttore artistico, lo scenografo consegna i disegni, lo scenotecnico potrebbe dover preparare gli esecutivi, cioè i disegni tecnici necessari per richiedere i preventivi. A volte sono necessari ulteriori disegni tecnici o simulazioni al computer per valutare le scelte costruttive migliori. Quindi potrebbero esserci modifiche che la direzione tecnica dovrà discutere con lo scenografo, a volte sono necessarie riduzioni della scena per restare nel budget previsto. Da lì in poi parte il processo produttivo vero e proprio, non siamo ancora alla fase delle prove e quindi delle successive rappresentazioni, ma in una sorta di work in progress, che ogni giorno aggiunge nuovi dettagli in vista della messinscena conclusiva. Questa magia si ripete per me ogni anno, a ogni presentazione di progetto, e di questo sono immensamente grata".