L’intervista del mese

23 Marzo 2023
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Conosciamo meglio Francesca Battistoni, responsabile Produzioni esterne e Coordinatrice dell'Accademia Rossiniana "Alberto Zedda".

Quale è stata la tua prima volta al ROF?

Era l’estate 1998, avevo 18 anni, un mio amico del liceo lavorava come maschera e mi ha fatto entrare al vecchio Palafestival. C’era in scena La Cenerentola di Ronconi, con Juan Diego Flórez e Vesselina Kasarova: è stato un colpo di fulmine, non per il mio amico ma per il teatro d’opera.

Lavori al Festival dai primi anni Duemila, ed hai seguito un percorso attraverso settori diversi. Dicci come è andata.

Dopo La Cenerentola del 1998 ho iniziato a frequentare il Festival come spettatrice ma volevo vedere ogni volta più spettacoli, così nel 2002 decisi di fare domanda come maschera. Il caso volle che al posto di recarmi presso la cooperativa che segue il servizio mi recai presso gli uffici del Festival e, con il curriculum già in mano, al vedere la scritta “Ufficio Stampa” lasciai la mia candidatura per un incarico estivo: stavo studiando Scienze della Comunicazione a Bologna e mi sembrava una richiesta coerente. Ricordo che inizialmente ricevetti una lettera dove mi dicevano che non avevano bisogno di aggiunti, poi mesi dopo mi chiamarono per una selezione dove arrivai seconda, ma il caso anche questa volta volle che la candidata scelta dette buca all’ultimo minuto e che io fossi disponibile. Era il 2002 avevo 22 anni e iniziai a lavorare nell’Ufficio Stampa del Festival in un mondo per me tutto nuovo e affascinante. Ho mantenuto il posto per le estati successive e una volta laureata, volendo conoscere come si produce uno spettacolo d’opera, mi iscrissi a un Master in Gestione Culturale a Madrid che mi permise di fare un tirocinio al Teatro Real in ufficio stampa e in ufficio produzione. Mi sembrava di essere in quel teatro come Alice nel paese delle meraviglie! Tornata in Italia si era liberato al Festival un posto di assistente nella Segreteria Artistica: feci domanda e dopo la selezione fui presa. È grazie a questa posizione che ho conosciuto tutto il lavoro che c’è dietro la programmazione di un teatro d’opera. Inizialmente è stato un incarico di qualche mese e ho riempito il tempo restante lavorando in altri teatri, a Fano alla Rassegna Lirica Torelliana e a Jesi alla Fondazione Pergolesi Spontini, ma con il tempo l’impegno al Festival è diventato sempre maggiore.

Sei coordinatrice dell'Accademia Rossiniana e segui le problematiche connesse alle produzioni esterne del Festival: racconta più specificamente in cosa consiste il tuo lavoro...

Come coordinatrice dell’Accademia Rossiniana “Alberto Zedda” seguo al fianco del maestro Palacio l’organizzazione delle attività dell’Accademia: dalla redazione del bando e del programma delle lezioni all’organizzazione delle audizioni fino alla convocazione degli allievi selezionati. Ogni anno arrivano centinaia di domande da tutto il mondo e tengo i contatti con gli aspiranti effettivi seguendo poi i selezionati fino al loro arrivo a Pesaro; una volta qui seguo il loro percorso anche a teatro durante le lezioni e le prove de Il viaggio a Reims, l’opera che ogni anno viene messa in scena come parte pratica dell’Accademia. Mi piace pensare che grazie al nostro lavoro diamo a molti giovani la possibilità di crescere e dare una svolta alla loro carriera. Oltre all’Accademia seguo anche le tematiche connesse ai diritti d’autore e la realizzazione da parte di media partner esterni di produzioni audiovisive degli spettacoli del Festival: anche in questo caso il mio lavoro consiste nell’organizzare tali attività, dal curare la redazione del contratto con i media partner sino al coordinamento logistico della loro presenza a teatro e la verifica interna del prodotto editato, cercando di mettere in comunicazione tutti i settori interessati. Tengo così i rapporti con Rai e Unitel per le registrazioni audiovideo dei nostri spettacoli, con RaiRadio3 per le dirette radio delle prime e dallo scorso anno con OperaVision, progetto di Opera Europa, al quale partecipiamo proprio con lo streaming de Il viaggio a Reims degli allievi dell’Accademia. Tutto questo continuando l’attività all’interno della Segreteria artistica, tenendo i contatti con le agenzie e gli artisti per le questioni logistiche.

Hai lavorato al fianco di Alberto Zedda, Direttore dell'Accademia Rossiniana per tanti anni. Cosa ricordi di lui, e che insegnamenti ne hai tratto?

Lavorare con il maestro Zedda è stato di certo un arricchimento non solo da un punto di vista lavorativo ma anche e soprattutto umano. Ricordo che era molto esigente e preciso e richiedeva sempre il massimo dai suoi collaboratori, sia quelli sul palco che quelli dietro a una scrivania. Si arrabbiava spesso ma se lo faceva era un bene, perché significava che credeva in te e voleva farti migliorare. In Accademia si arrabbiava di più con chi aveva più potenziale, con le persone sulle quali puntare. Aveva un grande rispetto per il lavoro dei giovani artisti e cercava di dare a tutti un incoraggiamento. Aveva ben chiaro che dietro a un canto di livello c’è tanto lavoro e paragonava il cantante rossiniano a un ballerino classico: entrambi realizzano acrobazie, chi con la tecnica del canto e chi sulle punte con quella della danza, ed entrambi fanno sembrare facili cose che sono invece difficilissime. Quello che mi ha più segnato è stato però il suo entusiasmo nell’affrontare il lavoro e la vita in generale: aveva sempre nuovi progetti ai quali si dedicava con passione, era interessato a tutto, curioso per ogni cosa, non si stancava mai, era un filosofo e un sognatore e mi ha insegnato a vivere lo scorrere del tempo in modo attivo e creativo. Vi lascio qui un passo tratto dal suo libro Divagazioni rossiniane, edito da Ricordi, che mi viene sempre in mente quando penso a lui:

La stella polare che guida i miei passi sta in una costellazione di parole e concetti semplici: tanta energia vitale, prodotta e alimentata da libertà, erotismo, curiosità, interesse, fantasia, ricerca, sogno, utopia, dialogo, amore, tolleranza, trascendenza, passione. I lemmi che ho cancellato dal mio vocabolario sono: pigrizia, convenzione, mediocrità, routine, violenza, fanatismo, stanchezza, rinuncia, servilismo. Tre sono i principi che mi sorreggono: affrontare gli interrogativi del vivere, dall’infinitamente piccolo all’insondabile, con l’impegno del filosofo e, insieme, con l’innocenza e la positività del bambino; trasformare il lavoro che si deve compiere in un gioco divertente, in un’avventura entusiasmante; fare di un dovere e di un obbligo una libera scelta, fonte di gioia e serenità. La ricetta per non invecchiare: arrivati a concludere che non c’è speranza di un mondo migliore (e quindi assunto il crollo delle generose illusioni della gioventù), continuare egualmente a lottare per cambiarlo, sfidando l’inutilità del sacrificio.